Per una rigenerazione umana
"Vorremmo essere inclusivi con le altre persone, popoli, culture, ma non ne saremo capaci fino a che non impareremo a esserlo con noi stessi"*
É una partita a ping-pong: abbiamo bisogno di maturare come gruppi di lavoro, come comunità o addirittura come specie, oppure è opportuno concentrarsi su un percorso di evoluzione individuale?
Indagando questo nodo tra dimensione personale e sociale del cambiamento, ho fatto incontri importanti e ne sto facendo di sempre nuovi…
la Teoria U di Otto Scharmer
Pregiudizi e stereotipi all’interno dell’affollata famiglia dei bias cognitivi, e comunicazione interculturale
Social & Behaviour Change
Storie e metafore terapeutiche
Il concetto di “rango” di Arnold Mindell e il Process Work
approdando a strumenti vari, dalla mappatura 3D all’assessment quotidiano per valutare la nostra qualità di ascolto, dalla Behaviour Change Wheel all’Ethics Toolkit for Behavioural Designers, fino a veri e propri programmi formativi. Non si finisce davvero mai di studiare e di approfondire…!
Il mondo del design prevede di “risolvere” i problemi (degli altri), di solito si fa carico di rispondere a un qualche “bisogno” e lo fa anche con grande convinzione… ma nel passaggio dal Design Thinking al Systems Thinking la prospettiva si sposta dal Problem Solving al System Sensing e al Problem Setting: prima di agire, è necessario comprendere la situazione, osservarla da più punti di vista, come forma ma anche come struttura di relazioni connesse, interdipendenti e mutevoli nel tempo.
E non finisce qua, perché nella “situazione” dobbiamo sentirci dentro anche noi, dobbiamo essere presenti sul serio non solo con l’intelletto, ma con la nostra capacità di percepire, empatizzare, vivere anche i panni degli altri.
Inversion basically means that if I want to change stuff outside of myself, that's not independent of what's happening inside myself.
So in other words, to change stuff here, I first need to change something in the inner place from where I operate, the way I pay attention, the way I am present to a situation, the way I listen in dialogue.
Il Systems Thinking nell’ambito della Teoria U
Io sono convita da tempo e finalmente trovo conferme: per raggiungere una rigenerazione sociale bisogna per forza passare dalla cruna della dimensione individuale, senza diventare psicologi (o clienti di psicologi) per forza: bisogna fare esperienza diretta, provare sulla propria pelle e poi esercitare la propria volontà per non tornare ai soliti comportamenti.
Solo successivamente ci si può “attivare socialmente” con una postura e una consapevolezza diverse…
La descrizione che l’autore Douglas Rushkoff fa di una serata un po’ speciale è un esempio:
That night playing with some of my dearest friends and music heroes was the shift.
It was as if we all realized together that we cannot think or debate our way out of the current chaos. (…)
People don’t listen to facts, anyway. They find the facts they need to fit their story, whether or not the facts are contextual or even true. Saving ourselves and each other is not a matter of convincing anyone of anything. What we need to offer each other manifests less like words than an embrace. It happens in real life, and through artistic or spiritual interventions that bring us together in pre-cognitive ways — before our belief systems mangle the essential transmission.I’d venture that everyone in the space with us that night felt this same basic truth. We also felt a bit of hope, which is a feeling I had all but forgotten. More than a bit of hope, if I’m being honest. We were bathing in hope, so evident was the rightness and power of our collective memory and intention. This state of awareness is available to us all, all the time. And it neutralizes the current crazy, effortlessly.
É un tipo di esperienza che tutti abbiamo vissuto almeno una volta, magari a un concerto o partecipando a una pratica: sappiamo cosa significa e sappiamo che il senso di beatitudine che raggiungiamo durante quegli eventi è difficile da trattenere per più di qualche giorno, ma se ci esponiamo con una certa costanza, un pochino per volta ci rimane dentro qualcosa che si trasforma in fiducia e positività verso gli altri.
Segno dei tempi e dei bisogni che abbiamo è Stay Human: un festival che - attraverso esperienze di embodiment (“l'esperienza profonda di vivere pienamente nel nostro corpo” con il respiro, il canto, la fiducia e l’attenzione ai nostri movimenti…) - si pone l’obiettivo di portare la crescita personale ad avere un impatto positivo sul mondo, a costruire una comunità capace di utilizzare tali pratiche per un cambiamento sociale reale e significativo.
Il nostro corpo è la manifestazione fisica di come funziona la nostra mente individuale e culturale… la nostra immagine corporea è una mappa sensoriale influenzata dalla nostra educazione e dalla nostra cultura…
Aprire questi canali, significa ampliare la nostra consapevolezza corporea ed integrità personale, iniziando così un cammino di scoperta del legame profondo che c’è tra noi e la natura.
Gabriele Billo, Ecosomatica
Verso una Cultura della rigenerazione
Lavorare su noi stessi è un’opera che richiede tempo… nel frattempo anche “là fuori” succedono cose…
Come esempio di un’ottima descrizione degli interventi a scala sociale porto un paper così ben articolato e denso di spunti come quello di Bridget McKenzie: “The Roles of Culture in Response to the Earth Crisis”, dove tra le tante informazioni utili viene proposta una lista di cose che ci siamo disabituati a fare e che ci allontanano da una cultura pro-rigenerazione:
Conoscenza dei materiali, delle loro origini e dei processi di produzione
Sintonizzazione con le condizioni di salute e guarigione fisica e mentale
Coltivazione, raccolta e preparazione del cibo
Consapevolezza delle conseguenze e ripercussioni ambientali del sistema economico attuale, basato sulla crescita indefinita
Curiosità di esplorare diversi ecosistemi
Spazio e tempo per utilizzare il proprio corpo in modo libero ed energetico
Uso delle mani per esplorare il mondo, manipolare i materiali e costruire oggetti
Disponibilità a immaginare soluzioni o modi di vivere basati sulla natura
Libera espressione delle emozioni attraverso il corpo
Valori sociali di reciprocità e mutualità anche al di fuori della propria famiglia o nucleo ristretto, così come per gli esseri viventi fuori dal mondo umano.
Capacità di gioia e stupore per il fatto di essere parte di un mondo vivente situato in un vasto cosmo
Comprensione della connessione tra tutti gli esseri e gli elementi del mondo: gli antenati e i loro (nostri) rituali, storie e interazioni con la terra e la vita nei luoghi, concetti di stagionalità e ciclicità del tempo.
Processo decisionale in risposta all'osservazione del tempo atmosferico e di altri fenomeni naturali.
Un elenco strano, che un po’ confonde e un po’ fa pensare… come questa immagine che amplia il paradigma estrattivo che non abbiamo messo in discussione per secoli:
Per rispondere alla crisi ambientale (e sociale e…) queste le capacità che saranno più utili secondo l’autrice:
Systems thinking: problem-solving nella complessità, pensiero olistico e holistic thinking and sensibilità al riconoscimento dei pattern.
Resilienza personale: capacità di adattarsi di fronte ad avversità, traumi, tragedie, minacce, stress.
Devianza positiva: seguire persone che tentano modi non convenzionali e sperimentali per adattarsi e sopravvivere.
Comprensione ecologica: conoscenze pratiche e fisiche, acquisite attraverso l'istruzione e l'esperienza, della biodiversità e dei sistemi terrestri, ma anche una più ampia consapevolezza dell'interconnessione tra umani e natura.
Empatia e compassione, anche ecologica
Alfabetizzazione al futuro: essere anticipatori e abili nell'immaginare scenari futuri. Immaginare e forgiare carriere e imprese resilienti e condividere un senso di “agency” verso il futuro.
Data Intelligence e conoscenza del territorio: competenze fondamentali per prendere decisioni e innovare con la tecnologia.
Tolleranza culturale, accettando che le persone sono diverse e hanno sistemi valoriali diversi.
Coltivare cerimonie per connettersi con gli antenati e le generazioni future.
Comunicare in modo efficace per imparare e insegnare quanto via via si rivela utile e necessario.
Creatività: praticare l’immaginazione e la curiosità; sperimentare, esprimersi e collaborare.
Qualche punto di questo elenco mi fa ripensare a un paio di miei vecchi post sulle competenze dei designer ( “La bussola del design che guarda al futuro” prima parte e seconda parte ) e a un’immagine riassuntiva di un libro che mi ha colpito, Le otto lezioni magistrali di Gary Ferguson.
Ma c’è sempre altro. In particolare chi lavora con bambini e con adulti che hanno subito dei traumi importanti ha sviluppato delle capacità che potrebbero rivelarsi molto utili anche fuori dallo specifico campo terapeutico o di psicologia dell’emergenza, perchè spesso il punto sta nell’ampliare il proprio modello di mondo, o rimodellarlo, in modo da risolvere situazioni “chiuse” mettendo in pratica i cambiamenti desiderati.
Sono approdata alla Trauma-informed Care in questo modo.
La pallina torna alla dimensione personale.
Cosa imparare dai percorsi di cura e guarigione dai traumi
Innanzitutto: cosa si intende per trauma?
Individual trauma results from an event, series of events, or set of circumstances that is experienced by an individual as physically or emotionally harmful or life threatening and that has lasting adverse effects on the individual’s functioning and mental, physical, social, emotional, or spiritual well-being.” (SAMHSA, Trauma and Justice Strategic Initiative, 2012).
La Trauma-informed Care si basa su 6 principi:
Principi utili e applicabili in ogni contesto o ambiente lavorativo.
Per supportare la cura con il design di spazi che abilitino le persone e supportino la guarigione, è stato sviluppato un framework tanto generico quanto interessante: senso di sicurezza e di pace, gioia, connessione, speranza e valorizzazione. Al centro stanno la possibilità di scegliere dove/come fruire dello spazio, il poter contare su una comunità e il diritto di sentirsi in una condizione di confort in un ambiente di qualità, accogliente, sufficientemente diversificato.
Strutturare nuovi percorsi e approcci (personali, aziendali, di team).
Anche in contesti professionali i framework e i programmi di formazione che tentano di integrare dimensione personale e sociale cominciano a svilupparsi in modo interessante.





Lavorare sulla sostanza non è impresa immediatamente quantificabile, ma un processo che richiede tempo e fiducia. Non semplice ma necessario e connesso alla fragilità del sistema di valori su cui poggiamo.
C’è tanto lavoro da fare, ma ci stiamo cominciando a provare!
* Una mente inclusiva, in “28 respiri per cambiare vita” di Daniel Lumiera