La bussola del design che guarda al futuro (2a parte)
Nella prima parte di questo ragionamento ho toccato Design dei sistemi (e ovviamente prima di disegnarli bisogna comprenderli) e Biomimetismo (o Biomimicry, cioè imparare dalla natura e progettare come/assieme ad essa); ora affronto le altre due coordinate della mia bussola, meno "tecniche" da un certo punto di vista, ma fondamentali.
3. Facilitare
Anche in questo caso, per i designer non si tratta apparentemente di una novità: ci siamo sempre trovati a muoverci e mediare tra competenze diverse all'interno del luogo di lavoro, tra cliente e produzione, tra figure tecniche e commerciali... quante volte ho pensato e ho sentito dire da altri che ci tocca fare gli psicologi, più che gli architetti o i designer.
Spesso ai designer viene richiesto di essere anche ottimi comunicatori, di essere in grado di condurre workshop (meglio se in modo brillante e autorevole). E poi, chi non è in grado di scrivere? Bisogna anche saperle raccontare le proprie idee e risultati, meglio ancora visualizzarle in presentazioni efficaci.
Ecco, io mi sono sempre un po' ribellata a questo appiattimento, quando leggo alcune job description penso al designer come a superman (non esiste, vero?). Anche noi designer dobbiamo a mio parere capire che quel che ci siamo trovati a fare un po' per caso, più o meno bene, di solito all'interno della nostra azienda o per i suoi clienti, può essere:
imparato e/o raffinato come metodo/competenza specifica
applicato a gruppi di persone (o stakeholder) molto diversi
Sapevate che esiste l'associazione internazionale dei facilitatori, che ha razionalizzato le competenze della professione? Un lungo ma sensato elenco, il cui obiettivo generale mi pare essere quello di mettere le persone in grado di dare il meglio quando si incontrano con altre persone.
Obiettivi specifici possono essere generare nuove idee, risolvere conflitti, prendere decisioni, ma anche "semplicemente" capire i problemi e le sfide che si hanno davanti.
Daniel Christian Wahl lo sostiene a più riprese nel suo libro: uno dei ruoli più importanti per il designer oggi è quello di impegnarsi a costruire ponti, e quindi:
Tradurre la teoria in pratica, con attività di coordinamento e sintesi che connettano "le intenzioni umane alla loro precisa espressione materiale e culturale di artefatti, istituzioni e processi". Ma direi anche viceversa, perché c'è bisogno a volta di capire meglio il perché di certe pratiche, per validarle oppure metterle in discussione.
Rendere accessibili e comprensibili le informazioni a più stakeholder, non solo comunicare ma spiegare, per rendere l'intero sistema più consapevole degli scenari, delle vulnerabilità e anche delle opportunità.
Facilitare gli incontri tra persone che non si conoscono e che potrebbero avere interessi comuni, creare nuove connessioni e relazioni: "Ogni conversazione può effettivamente avviare il mutamento del sistema".
Dalla facilitazione alla co-creazione il passo è piuttosto breve, ed è per questo che il designer è uno tra i migliori candidati a questo ruolo.

Ho un po' barato perché ho cambiato contesto, spostandomi sulla progettazione partecipata, tema molto ampio che ho cercato di approfondire negli scorsi mesi, interessata soprattutto alle sue applicazioni con gruppi non troppo ampi, come nel social-housing e in progetti di rigenerazione di quartiere.
Si chiama "intelligenza collettiva".
Emerge quando le persone si trovano in contesti di indagine congiunta e di mutuo apprendimento e su queste basi si impegnano nella invenzione di nuove soluzioni di reciproco gradimento.
Rendere questo possibile è compito dei facilitatori di sistemi complessi.
Ed è quello che appassiona noi di Ascolto Attivo.
Far diventare la creatività dei singoli e dei gruppi, un luogo comune.
Si tratta di uno degli ambiti a mio parere più importanti e interessanti, per certi versi ancora nuovo in cui sperimentare, mettersi alla prova e crescere.
Gli strumenti sono l'attenzione (bisogna saper "vedere" gli altri), la sospensione del giudizio (un cavallo di battaglia dell'antropologia, per assumere temporaneamente punti di vista differenti) e la sincera volontà di accompagnare le persone verso una qualche forma di emancipazione (empowerment è un termine difficilmente traducibile).
Tutti tratti che ci portano direttamente alla quarta e ultima coordinata della bussola.
4. Cambiare mentalità (e paradigma)
Questo argomento me lo sono tenuta per ultimo perché il terreno potrebbe essere sdrucciolevole, quindi vado subito al punto.
Fondamentalmente bisogna che ci rendiamo conto che:
siamo tutti individui limitati se presi singolarmente, ma possiamo realizzare molto collettivamente (nel bene e nel male).
sappiamo/capiamo ancora poco del mondo e di noi stessi, ma nuove conoscenze e tecnologie stanno ampliando i nostri orizzonti.
Stefan Klein in "Come cambiamo il mondo" definisce le quattro rivoluzioni alla base della creatività umana, poche ma "talmente decisive da spostare ogni volta l’assetto di tutte le arti e da innovare radicalmente il nostro modo di abitare il Pianeta, oltreché di relazionarci tra noi" (su Doppiozero):
quando i nostri antenati hanno trasformato le pietre in coltelli, hanno cominciato a creare manufatti, sviluppando più rapidamente un linguaggio all'altezza delle proprie scoperte.
quando gli ominidi hanno cominciato a dare un valore simbolico agli oggetti, facendo arte, dando un impulso fenomenale alla crescita del cervello e consentendoci di evolvere più in fretta;
quando Gutenberg ha inventato la stampa a caratteri mobili, dando l’avvio a un processo di circolazione del sapere e di progressiva emancipazione;
quando la rivoluzione tecnologica e digitale ha ottenuto l’effetto di delegare una parte di sapere, competenza e capacità decisionale sulle macchine.
Naturalmente quest'ultima rivoluzione è in corso, dunque non è ancora chiaro a cosa ci porterà, ma il filosofo Luciano Floridi si è fatto già un'idea, condividendo che l'evoluzione dell'informatica cominciata con Alan Turing è
una quarta rivoluzione nel processo di dislocazione e riconsiderazione della natura ultima e del ruolo nell'universo dell'umanità. (...)
Nel presente, stiamo lentamente accettando l'idea che non siamo enti isolati e unici, quanto piuttosto organismi, il cui sostrato è informazionale, reciprocamente connessi e parte di un ambiente costituito di informazioni che condividiamo con agenti naturali o artificiali, simili a noi sotto più profili.Luciano Floridi in "Pensare l'infosfera"
Queste parole mi fanno tornare in mente una frase di Carlos Castaneda a cui sono rimasta legata: "Gli esseri umani non sono oggetti; non hanno solidità alcuna. Sono esseri rotondi e luminosi; non sono delimitati".
Gli anni in cui Turing ultimava la sua versione della Bomba, ossia la macchina in grado di decifrare il famigerato codice Enigma, erano gli stessi in cui oltreoceano si andava ultimando un'altra bomba, quella nucleare, che secondo l'interessante prospettiva di Daniel Schmachtenberger è da considerarsi un momento fondamentale per i problemi del presente, perché gli esseri umani si sono dotati un'arma in grado di provocare danni autoindotti catastrofici e a scala globale.
Questo potenziale distruttivo, assieme alla creazione di un mondo sempre più interconnesso per rispondere alle esigenze delle catene di approvvigionamento industriale, ha determinato una vulnerabilità mai vista prima a livello globale, quella in cui siamo immersi e dove ogni volta che proviamo a tappare una falla, ne apriamo altre con effetto cascata che non sappiamo prevedere.
Floridi, nel suo ragionamento, aggiunge:
C'è una specificità dell'essere umano, un tratto che segnala la sua unicità: il fatto di dare significato e senso alle cose, alla realtà che ci circonda e ci riguarda, così come a noi stessi.
Le nostre identità, vite, esperienze, interazioni e raffigurazioni del mondo che abitiamo e condividiamo sarebbero inutili e vuote se il nostro capitale semantico non le dotasse di valore (...)
Il capitale semantico è il capitale più prezioso che possediamo, dal momento che rende possibili le altre forme di vita mentale, come quella sociale politica o economica (...). Tuttavia, non è un insieme di risorse date e acquisite: la sua formazione è un compito in continua progressione...
E' probabile che in questa fase abbiamo un po' tutti l'esigenza di aggiornare il nostro "capitale semantico" per ritrovare una qualche coerenza nella nostra terremotata realtà.
Nelle credenze e nelle pratiche religiose, l'ethos di un gruppo è reso intellettualmente accettabile dal fatto che rappresenta uno stile di vita adatto allo stato delle cose descritto dalla visione del mondo, mentre la visione del mondo è resa emozionalmente convincente dall'essere presentata come l'immagine di uno stato delle cose particolarmente organizzata per rendere possibile quello stile di vita.
Cliffrod Geertz citato da Franco La Cecla



C'è chi sceglie la strada della filosofia, chi quella della spiritualità, dell'ecologia, delle neuroscienze... ma l'esigenza alla base è la stessa e nessuno arriverà a un risultato soddisfacente da solo, nessuna disciplina, nessuna arte: solo intrecciando prospettive diverse e con un riorientamento, un vero e proprio salto di livello nella nostra comprensione, riusciremo a vedere quello che ci serve, ricordando che ogni passaggio precedente ha avuto un ruolo nella nostra evoluzione.
Non c’è appartenenza che attraverso la libertà, non c’è libertà che attraverso l’appartenenza; detto in altro modo: non c’è dovere che attraverso il diritto, non c’è diritto che attraverso il dovere. (...)
L’umano si emanciperà sempre dalla sua condizione biologica e fisica attraverso l’appartenenza del suo essere a una sfera simbolica, da cui si emanciperà sempre per mezzo della fisicità e della vitalità stessa del suo corpo. Questo perché, fondamentalmente, l’essere umano è naturale ma anche culturale, e culturale ma anche naturale.Augustin Berque: Essere umani sulla terra
Si potrebbe andare avanti davvero parecchio, e una volta sintonizzati su conversazioni apparentemente solo teoriche, si capisce quanto sia importante ora ricominciare a pensare, creando nuovi spazi di possibilità.
Mi fermo qua, lasciando qualche scintilla:
The first thing to do to think about the future is to know about the present
Stop trying to win at the dying game
Look at discomfort as a proxy for progress
Jacqueline Novogratz
Evolution by Design
Daniel Schmachtenberger
Per approfondire:
Marianella Sclavi: Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici cui siamo parte (libro)
Augustin Berque: Essere umani sulla terra (libro)
Luciano Floridi: La quarta rivoluzione e Pensare l'infosfera (libri), il secondo condensato e ampliato qua (video)
Daniel C. Wahl, L'arte di rigenerare il mondo (libro)
Jacqueline Novogratz: What it takes to make change (TED video e podcast), anche in Manifesto for a Moral Revolution (libro).
Daniel Schmachtenberger: Humanity's Phase Shift, The War on Sensemaking e In search of the third Attractor per Rebel Wisdom (video)
Shifting mindsets -a regenarative future, dal Summit 2022 della Ellen MacArthur Foundation (video)
Felix Guattari (+ Franco la Cecla): Le tre ecologie (libro)
Sarah Ichioka & Michael Pawlyn: Flourish. Design Paradigms for Our Planetary Emergency (libro + podcast)