Un anno di guerra in Ucraina: esercizi di crisi
Oggi è l’anniversario dell’inizio della Guerra in Ucraina e ascoltando le rassegne stampa dei quotidiani mi sono saltate all’occhio due riflessioni:
La metafora dei due pesciolini di David Foster Wallace che non sanno cosa sia l’acqua, utilizzata da Claudio Cerasa su “Il Foglio”: qui l’acqua, l’ambiente in cui i pesci sono immersi tanto da esserne ignari, è la democrazia delle nostre culture occidentali, che troppo spesso diamo per scontata.

Alberto Polito sul Corriere della sera riflette invece sulle radici dell’antiamericanismo italiano: “C’è infatti una consistente fetta di opinione pubblica che ha ereditato dalla cultura cattolica e da quella comunista un’istanza morale anti-capitalistica, contraria all’individualismo, ostile all’«american way of life», convinta che il valore dei popoli non sia dato dal loro successo economico ma dalla loro unità mistica, perché le società non sono meccanismi ma organismi, e quindi anche se più povere possono essere rese più felici dal rispetto della tradizione, dalla valorizzazione della comunità e da una guida carismatica. Questa insofferenza per la modernizzazione, per la sua velocità onnivora, per la sua pervasività tecnologica, è il nesso che unifica posizioni politiche spesso divergenti su molte altre questioni”.
Gli articoli di cui sopra sono considerazioni legate a questa guerra, ma utilizzano termini e analogie molto frequenti in contesti dove si discute l'imminente crisi del nostro modo di vivere, che ha nel cambiamento climatico e nella scarsità di risorse naturali la sua manifestazione più evidente e globale.
Ad esempio, noi “pesciolini” della Pianura Padana soffochiamo da anni nell'aria fetida e decisamente insalubre che respiriamo, ma cominciamo a renderci conto che l’acqua che scende dai nostri rubinetti non è una certezza, che i laghi non rimangono necessariamente laghi x sempre, che le tanto discusse palme piantate a Milano in piazza Duomo potrebbero essere la scelta più lungimirante per il nostro clima futuro. Il nostro paesaggio e le risorse naturali da cui dipendiamo sono l’acqua di cui i pesciolini nemmeno realizzano l'esistenza e che la maggior parte di noi ancora non conosce abbastanza, non rispetta e quindi non tutela e protegge.
Dell’opinione di Polito mi ha colpito invece questa specie di contrapposizione, con ripercussioni così importanti, tra società il cui principale obiettivo sembrano essere benessere economico e progresso tecnologico, e società che si considerano organismi, il cui valore si misura in coesione e rispetto della tradizione: della serie "poveri ma felici perché uniti".
Senza entrare nel merito di questa considerazione applicata alla posizione degli italiani sulla guerra in Ucraina che non sono neppure certa di capire bene, l'articolo rileva che alla base delle posizioni che ognuno di noi ha, c’è una visione del mondo ben più radicata delle chiacchiere da bar o da social.
E prendere maggiore coscienza dei valori, o della “visione del mondo” che ci fanno assumere le posizioni che poi difendiamo, sia un esercizio di consapevolezza che dovremmo tutti fare di più.
Rimane un fatto: sentirsi parte di un meccanismo che quasi sempre non siamo in grado di governare non è un gran bel sentire... Se davvero entrassimo nella metafora sana di cellule tutte importanti allo stesso modo per il benessere dell'organismo, sapremmo che se la cellula accanto a noi stesse bene staremmo meglio anche noi, si tratti di un albero, del nostro vicino o del rigagnolo dietro casa. Forse ci spenderemmo di più per la nostra "acqua" e ne guadagneremmo tutti, tanto.
Per approfondire:
Claudio Cerasa: La guerra vista con gli occhi dei nostri figli ci insegna cosa significa difendere la libertà
Antonio Polito: Antiamericanismo, quelle vecchie ostilità
This is water, testo di David Foster Wallace, video di Ina Ho
Causal Layered Analysis: Sohail Inayatullah at TEDxNoosa (video)