Dentro una madre. Madre donna, madre terra, quella terra non in quanto tale, ma in quanto àncora per il ricordo e il legame generazionale.
Essere indigeni significa sapere da dove si viene, sapere cosa hanno passato i propri antenati, conservare o ritrovare o ricreare tradizioni vive che sono modi per guarire, occuparsi di se stessi e degli altri in momenti di passaggio, di dolore, di crescita.
Per evolvere dobbiamo affrontare esperienze difficili, altrimenti resteremmo fermi: la vita fisica è occasione di crescita, non di perpetuo, statico benessere.
Nell’assorbire e recuperare conoscenze antiche non tutto è concesso: ci sono spazi di rispetto, confini tra mondi che possono essere attraversati solo con la guida e le condizioni esterne e di cuore opportune.
Non tutto è concesso a tutti, e i segreti hanno un valore: proteggono e custodiscono.
Sono luoghi anche i saperi condivisi, aggiustati e attivati nei riti.
Continuare a ciucciare il nocciolo è essere prigionieri della ciliegia che non c'è più, costruire una collana di noccioli significa onorare il frutto, il tempo che è stato necessario alla sua maturazione, il gusto che aveva quando è stato mangiato e le energie che ci ha trasmesso, ricordandone la presenza.
E questo non è tutto quello che so, ma quello che ora voglio dire.
In un mare di esperienze non vissute
Adottare pratiche e rituali che hanno avuto origine e senso dall’altra parte del mondo è un’opzione, ma personalmente non la trovo troppo convincente.
Fare un po’ di ricerca sui propri “ancestri”, ben più in là della pur importante genealogia familiare, è utile e probabilmente necessario per entrare in un approccio bioregionale, anche perché non si può rispettare o amare ciò che non si conosce.
Personalmente sono attratta da modalità di re-indigenizzazione, termine orrendo che peró risuona: tornare indigeni, attraverso un percorso che passa da:
Unlearning: mettere in pausa le conoscenze razionali tanto faticosamente assimilate per lasciare spazio al proprio sentire su più livelli e gradazioni, (ricordando chi siamo all’interno della natura-mondo-elementi).
Re-learning: ritrovare la propria posizione, ognuno a suo modo e nel suo luogo, apprendendo in modo diverso, più sottile, più umile, più integrato, più sensoriale, più insieme.
Conversazioni online, video-documentari, podcast, libri, articoli e tanti appunti: scopro, afferro, mi aggrappo e come posso inglobo concetti in qualche modo legati alle comunità indigene che mi rimbombano dentro, non so dire come nè perché.
Scriverne nello specifico non è possibile: scelgo, inserisco la mano nel sacchetto di tela ed estraggo qualche tessera.
Per entrare nel mood, consiglio vivamente questo documentario:
Una via d’uscita
Lo sfogo, delicato quanto profondo, di Tyson Yunkaporta, sui tempi e la quantità della produzione, nel suo caso culturale, richiesta "to make a living", che ci allontana dai nostri tempi interni, dal bisogno di ascoltare un altro cervello indipendente dal sistema nervoso, quello "di pancia”, legato alle emozioni.
Bruciare e poter dare espressione agli incendi che avvengono dentro di noi dovrebbe essere un diritto: il fuoco che connette terra e cielo è necessario per la rigenerazione e la vita.

Separarsi dagli elementi naturali per produrre, confidando solo nelle proprie capacità cognitive e in quel poco di attenzione data al proprio corpo ci trasforma in macchine malfunzionanti, inceppate dalle tossine che accumuliamo e non ci disfiamo.
Outbursts allowing full expression of rage, annoyance, fear, joy, and grief must be allowed to run their course in order to clear the big spirit that rests in the belly and maintain it in a constant state of flow, in which energy enters, swirls, gathers, and is dispelled in regenerative patterns of behavior.
Compressione dei tempi, degli slanci, dei modi di interagire: non è la strada. Ognuno di noi ha un’indole e delle esigenze diverse e non serve a nulla “sembrare” qualcun altro: anche gli sciamani, o i guaritori, fuori dal momento in cui si connettono a spiriti alti e “altri” sono persone comuni, con i loro difetti, limiti, carattere, preferenze.
Ognuno di noi ha un lato illuminato e una zona d’ombra che non va rifiutata o ripudiata, perchè fa parte di noi ed è normale che sia così: accettarla e riconoscerla ci farà accettare e riconoscere le persone che ci appaiono “diverse”, attivando quella posizione di disponibilità e “mirroring” di cui il mondo ha tanto, tanto bisogno.
Conoscersi: in quale elemento ti riconosci, in quale ti identificano gli altri? Che caratteristiche ha? Che “doni” porta con sè, e quali pericoli invece?
In quale animale, quale pianta?
Se la bussola del tempo siamo noi
Per la prima volta nell'età della tecnica l'uomo vive privo di un orizzonte di senso, perché la tecnica non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità che non rientra nei suoi compiti: la tecnica "funziona", e siccome il suo funzionamento è diventato planetario occorre congedarsi dai concetti tradizionali di individuo, identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche da quelli di natura, politica, etica, religione, storia, di cui si nutrivano le età pre-tecnologiche.
Un altro sfogo, anche se più “occidentale” e storico nei modi, di Umberto Galimberti che rileva come, una volta abbandonati i tempi ciclici delle civiltà preindustriali, ma in un certo senso anche la visione positivista del futuro salvifico dove ignoranza, povertà e dolore avrebbero finalmente avuto fine, noi umani siamo disorientati come formiche a cui è stato distrutto il formicaio e la tecnica non ci dà alcun aiuto.
Abbiamo perso le radici, abbiamo dimenticato come far parte di un luogo e come fare comunità, facciamo di tutto per redimerci dalle nostre origini pensando di poterci finalmente sentire “liberi” e poi passiamo la vita a cercare una “casa”.
Appartenenza: quale “luogo” ci conosce meglio? Luogo fisico o insieme di relazioni o pratiche, non ha importanza e non fa differenza.
A cosa sentiamo di appartenere?
A cosa vogliamo appartenere? C’è un trascorso, ma ci sono anche le intenzioni.

Boundary objects
Identità vs individuo, immobilità vs trasformazione frutto di continue negoziazioni.
Carlo Ginzburg definisce l'individuo come “intersezione di insiemi diversi” e questo mi riporta all’attenzione crescente per i margini, di recente enfatizzato in tutt'altro contesto da Claudio dell'Era nel recente convegno del Politecnico "Making distant futures": per vedere più lontano, o forse per affinare la vista ed essere un po' più arguti nell'interpretare il presente, occorre interessarsi a ciò che succede lontano dai riflettori.
Il concetto di "boundary object" è affascinante e soprattutto utile: in sostanza, può essere un artefatto, un concetto, o un oggetto che ha un significato diverso e viene utilizzato in modi diversi da gruppi sociali diversi, ma che allo stesso tempo condivide una struttura comune che consente la comunicazione e la collaborazione tra questi gruppi (da Wikipedia).
Attenzione a ciò che avviene ai confini, nelle zone liminali, perchè è lì che il cambiamento può innescarsi.
Ginzburg punta lo sguardo sulla "dimensione geopolitica della microstoria": "Una ricerca su una comunità di pescatori islandesi può essere molto più significativa dell’ennesima narrazione sulla presa della Bastiglia": di nuovo margini che custodiscono informazioni importanti, forniscono chiavi di lettura, intepretazione ed azione più fresche e forse più ricche del senso che abbiamo perduto in Occidente.
La colonizzazione è ancora all'ordine del giorno anche se in altra forma, i movimenti per la decolonizzazione crescono se non in dimensione certamente in numero, ma entrambi i concetti, utili a leggere la realtà, mi sembrano appartenere a un'altra epoca.
L'ambiguità è invece un concetto contemporaneo: accettare di vedere le sfumature consente di rileggere il passato senza derubricare a "congetture" tutte le conoscenze fino ad ora rigettate dalla narrazione dominante, quella che per forza deve risultare coerente a costo di pericolose omissioni, amnesie e prevaricazioni.
Chi sono i nativi? Gli indigeni? Quelli che erano "qui" per "primi"... prima quando? Coloro che hanno abitato con continuità un territorio, coloro dentro cui scorre un certo tipo di sangue o che hanno una percentuale di DNA definita a priori?
Ciò che conta non sono piuttosto la volontà, le esperienze e le intenzioni condivise, un patto anche implicito, intergenerazionale e interculturale, per recuperare, custodire e riconnettersi e tornare a far parte del genius loci?
Le minoranze in quanto tali sono marginalizzate solo finché restano minoranze. Marginale però significa anche lontano dalla vista dei più: nell'oscurità le cose si proteggono, si nascondono, resistono al tempo e alle invasioni.
E non è detto che si conservino sempre pietre preziose: si custodisce anche ignoranza.
Questa è un’altra storia
Stories are not meant to be replicated, their essence and values are. The representation of those essence and values need to evolve and adapt to current conditions to resonate with the people of today. It is the only way we can continue to hold on to those embedded learnings.
Ci sono traumi che durano da generazioni in comunità che sono state decimate, derubate, delegittimate, delocalizzate, derise: e questo è un fatto. Occorre essere parte della cura per riconoscere, restituire e ricucire dove possibile.
Ma la scala sociale è un trabocchetto, se non si ha il coraggio di nominare e riconoscere prima in se stessi i propri blocchi, roccaforti di difesa da qualche pezzo di mondo che ci ha fatto male.
(Nota: se siete tra coloro a cui nella vita è andato fondamentalmente tutto liscio, che avete sviluppato fin da piccoli una resilienza a prova di sgambetti di vita, ringraziate anche i vostri progenitori e sappiate che siete probabilmente una minoranza, anche se vi comportate da maggioranza).
Siamo biodiversità noi tutti, ognuno con le sue “stranezze”, le sue debolezze, il suo fisico imperfetto e il carattere anche di merda: la ricerca dell’omogeneità è abbattimento della biodiversità umana e porta a fragilità di specie, perché è nelle nostre peculiarità che risiede il nostro apporto alla vita, e può sbocciare in valore coltivandole e rispettando gli altri.
Sapersi trovare prima di perdersi e trovare gli altri insomma.
Volendolo, sono tante le possibilità/modalità di una nuova comprensione, attraverso l'unlearning, la sospensione di giudizio, la realizzazione dei propri privilegi e della lente (o prospettiva) da cui si guarda il mondo, una nuova attenzione e compassione per ciò che ci circonda, muovendosi con umiltà e gentilezza autentici alla riscoperta di noi stessi, e quindi degli altri.
Ma ci sono anche framework più completi anche se volutamente aperti: si tratta solo di dare attenzione a punti vista che sono rimasti fuori dalla narrazione dominante. Per esempio, E.T. Gendlin, conosciuto forse più per la tecnica del focusing, ma interessante per i concetti che lega tra loro, analizzando l’approccio scientifico occidentale.

Responsive order
Per Gendlin, l’ordine responsivo è una visione dell’esperienza umana come dialogo tra corpo, linguaggio, tecnologia e mondo, in cui nessun significato è mai chiuso.
Nel contesto del pensiero occidentale, sono diversi gli spunti innovativi della sua impalcatura:
Gendlin introduce il concetto di “carrying forward”: le teorie scientifiche portano avanti ciò che emerge dal contatto empirico, trasformandolo in nuove strutture di significato.
Non esiste una progressione lineare della scienza verso una verità definitiva, ma una continua riformulazione e arricchimento dei concetti.
Le teorie non “sostituiscono” ciò che c’era prima, ma lo “portano oltre”, introducendo nuove possibilità di pensiero e azione. Più in generale, la conoscenza non è una rappresentazione statica della realtà, ma un risultato di interazioni dinamiche tra osservatore, contesto e fenomeni studiati, e non esiste una “verità unica” ma molte verità situate, tutte precise nel loro contesto.
La logica mantiene un ruolo unico e insostituibile, ma non esaurisce la complessità del reale.
Il linguaggio “naturale” e le “metafore” hanno un potere di senso che eccede i limiti della logica formale perchè è capace di evocare esperienze.
La logica è una costruzione che richiede di isolare schemi fissi e di escludere l’esperienza umana diretta (ad esempio, trattando uomini e animali come “macchine” per poterli analizzare). L’ordine responsivo, invece, comprende sia la logica sia la dimensione corporea e situazionale dell’esperienza.
Il corpo non è solo un organismo fisico, ma un “corpo-situazione”, capace di “sentire” il contesto e di implicare già il passo successivo (azione, parola, significato). Questa capacità è chiamata “felt sense”: un sapere implicito, più ricco di ciò che le parole riescono a esprimere.
L’implicito è “ciò che preme per essere portato avanti” attraverso un’azione, un pensiero o una forma progettuale.
È un sentire d’insieme, preverbale, non riducibile a una singola emozione, che il corpo avverte quando siamo immersi in un contesto, un problema o un’esperienza. È “specifico e preciso” anche se inizialmente indefinito, vago perché non è ancora stato tradotto in parole, immagini o forme. Contiene più informazioni di quelle che riusciamo a formulare subito, ma se ci fermiamo e prestiamo attenzione a quella sensazione, possono emergere nuove idee, connessioni o soluzioni.
È solo l’assaggio di un corpo di pensiero che aiuta a contestualizzare e a rendere più digeribili alle menti scettiche esperienze “paranormali”.
Se rientra nella sfera del vissuto e vivibile, è reale.
Si passa dalle modalità intuitive di conoscere, proprie di alcuni popoli indigeni, alla comunicazione telepatica con gli animali, passando per rivoli di tante altre pratiche, esperienze potenti anche se difficilmente spiegabili che costituiscono uno dei poteri più speciali e dimenticati di ogni essere umano.
Per approfondire:
- Tyson Yunkaporta, “Sand Talk: How Indigenous Thinking Can Save the World”.
- Le conversazioni che hanno accompagnato il lancio del documentario The Eternal Song (acquistabili).
- James Clifford, “Ritorni: Diventare indigeni nel XXI secolo”.
- Le teorie di Jean Gebser, anche qua (pdf)
- The Telepathy Tapes: Telepathy between species, with Anna Breytenbach (podcast)
- Lucio Russo - Idee e Teorie Scientifiche Perdute (video) e i suoi libri
- E.T.Gendlin: “The Responsive Order: A New Empiricism” (pdf) e poi volendo A Process Model (libro).