Stili di vita sostenibili: learning by doing vs learning by copying
Venerdì (24 marzo) ho passato una giornata un po’ strana.
Come si dice… “mi espongo” a sollecitazioni molto diverse tra loro, cercando di capire meglio, quando possibile di persona.
Mattina al Politecnico di Milano per la presentazione di progetti europei dedicati al settore creativo e culturale, con l’obiettivo di sperimentare modalità e processi sostenibili e in linea con le sfide dei tempi (Envisioning the future of living heritage: The New European Bauhaus in Milan).
Pomeriggio alla fiera Fa' la cosa giusta! "la fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili”: abitare green, critical fashion, turismo sostenibile, pace e partecipazione…
Progetti pilota da un lato, realtà dall’altro: in sostanza distanze siderali.
Si potrebbe pensare che sia ovvio, è come comparare capre e cavoli, ma io non ne sono sicura: il punto di contatto sta proprio negli stili di vita sostenibili e le tematiche sono quelle, almeno in teoria.
Fa’ la cosa giusta di diversi anni fa era più aderente ai progetti pilota di oggi di quanto non lo sia nel 2023.
Certo, progresso e innovazione non sono processi lineari, ma mi sono chiesta seriamente quanto tempo occorre per passare dalle sperimentazioni al cambiamento massivo, visibile, sostanziale.

Ho trovato alcuni studi su un campo di cui non so nulla, nonostante una quasi-laurea specialistica in Antropologia, e dopo qualche lettura sono arrivata qua: Cultural Transmission and the Diffusion of Innovations: Adoption Dynamics Indicate That Biased Cultural Transmission Is the Predominate Force in Behavioral Change di Joe Henrich
Lo studio ha oltre 20 anni, ma in sostanza dice che perché le persone cambino e innovino i propri comportamenti, conta molto di più il meccanismo del “copiare” quello che fanno gli altri (la maggioranza, oppure le persone ritenute più prestigiose o di successo) piuttosto che ciò che individualmente possono imparare sul campo, testando nuove soluzioni.
I progetti europei hanno sempre il fine e l’ambizione di restituire alla collettività le “lessons learned”, ma credo che ci sia un passaggio in mezzo che sfugge.
Nonostante tutto sembri diventato marketing, forse manca ancora tanta comunicazione e divulgazione ben progettata, onesta ma anche rilevante, elaborata per raggiungere persone molto diverse per interessi, tempo a disposizione e abitudini.
E poi, se noi umani amiamo copiare, predicare bene e razzolare male è il peggior danno che si possa fare.
Come ha detto al Politecnico Tony R. Murphy (CulturaLink), lo sviluppo sostenibile di un territorio è un processo di costruzione sociale e la cultura di una comunità non solo dice come ci pensiamo, ma anche le speranze che abbiamo e quindi il futuro che sceglieremo di attuare.
Per approfondire:
Cultural evolutionary theory: How culture evolves and why it matters
https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.1620732114
lo studio citato nel post è qua: https://anthrosource.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1525/aa.2001.103.4.992
Evento al Politecnico: https://www.eventi.polimi.it/events/envisioning-the-future-of-living-heritage-the-new-european-bauhaus-in-milan/