Animali del futuro
Il giornalista Filippo Ceccarelli in TV qualche sera fa si poneva una domanda: non sarà che questo mondo sempre più tecnologico e virtuale riporta a galla qualcosa di ancestrale e selvaggio negli uomini contemporanei?
Credo che nessuno fatichi troppo a trovare qualche esempio negli avvenimenti di cronaca e attualità: la tentazione di "farsi giustizia" da soli, la passione per le armi, ma anche fenomeni come la paleodieta che si prefigge di recuperare le abitudini alimentari dei nostri antenati, o la fede cieca in medicamenti "tradizionali" che provoca un'opposizione da stadio alle evidenze scientifiche.
Mi viene da pensare anche al successo crescente del sovranismo in politica, simboleggiato dall'emblematico "sciamano di capitol Hill": pulsione verso la protezione dei confini, difesa del proprio spazio "di caccia"... non ho la preparazione per addentrarmi in codesti labirinti, ma ci vedo un nesso.
Partendo da tutt'altra parte, neuroscienze, biologia e filosofia ci aiutano oggi a capire meglio che mai che
Non si tratta di ipotizzare un primitivismo salvifico, come in molti hanno fatto nei secoli, ma di considerare che la nostra esistenza di umani ha un orizzonte molto più ampio di quello che nominiamo come civiltà, che comprende per intero la nostra rimossa contiguità con l’animale. (...)
Le prime reti neurali – poi evolute in sistemi nervosi e infine in cervelli – nascono al servizio del corpo che le genera e, dotandolo di nuovi dati e strumenti, gli consentono di imparare a conoscere lo spazio in cui vive, valutandone rischi e opportunità e conferendogli un impressionante vantaggio evolutivo.
L.L Cavalli Sforza e D. Padoan in Razzismo e noismo. Le declinazioni del noi e l'esclusione dell'altro
Il sapere trova il suo fondamento in un corpo che nello spazio muove le sue prime mosse: è al corpo che sono ancorate le nostre attività cognitive.
Fabio D'Andrea lo dice bene, come essere umani siamo in mezzo al guado: corriamo il rischio di smarrirci definitivamente, ma abbiamo anche la possibilità di reincantare il mondo e tornare ad abitarlo con gioia e meraviglia.
Prima di ripetere le gesta di Icaro, sarebbe saggio recuperare e riattivare le potenti fonti di conoscenza con cui abbiamo creato il nostro mondo e trovare infine il nostro posto, in equilibrio, al suo interno.
Fabio D'Andrea in "I tempi dell’evoluzione. Prospettive sul futuro"
Un esempio: il ruolo dell'evoluzione nel nostro rapporto con la natura
Nell'ambito degli studi sulla psicologia ambientale viene spesso ricordato che la relazione che avevamo con il territorio in epoca Paleolitica (nomadismo, rappresenta il 95% della nostra storia evolutiva) determina gran parte dei nostri attuali comportamenti e preferenze negli spazi aperti.

I primi elementi (luce, protezione e controllo, aria e vista) sembrano soddisfare il tema della "ricerca di un luogo sicuro in cui vivere", il secondo gruppo di elementi (verde, curiosità e mistero, materiali e colori naturali) sembra più legato al tema "ricerca e acquisizione di cibo". *
La biofilia non è un sottoprodotto culturale, ma una caratteristica che ha contribuito direttamente all'autoconservazione e alla riproduzione, che ci ha fornito informazioni utili sull'ambiente naturale, ricercando ed esplorando l'ambiente nuovo e straordinario che abbiamo dovuto affrontare.
L'ipotesi di Barbiero è che con l'avvento del Neolitico (agricoltura, villaggi) e poi della Rivoluzione Industriale (sviluppo dell'urbanizzazione), gli umani abbiano perso via via confidenza (l'affiliazione di Wilson) con la natura selvaggia che anzi è stata vista come un nemico, un pericolo.
Interessante che Barbiero proponga un parallelismo tra le diverse caratteristiche del rapporto con la natura in questi tre periodi dell'evoluzione umana e tre profili di personalità che manifestano oggi diversi gradi di biofilia, sentendosi rigenerati "all'assunzione" di diverse "dosi" di natura e selvaticità:
- profilo urbano: sono sufficienti piante in vaso e giardino di prossimità
- profilo neolitico: necessari parchi - periurbani e non - che medino una buona dose di biodiversità con la facilità di accesso e fruizione
- profilo paleolitico: ha bisogno di contatto e immersione più intensi, in aree naturali più selvatiche.
Personalmente queste tre rappresentazioni mi convincono molto perché non fatico a profilare amici e conoscenti, e confesso di non aver mai pensato in questi termini quando notavo differenze sostanziali di approccio e bisogno di contatto con la natura e gli spazi verdi.
Siamo tutti uguali, anzi simili, no diversi
Vale la pena quindi, almeno per me stessa, riportare i tre grandi approcci metodologici in psicologia, ripresi da "Che cos'è il restorative design":
"Ogni persona è uguale a tutte le altre": alcuni nostri tratti sono ascrivibili a fattori ed evidenze biologiche che condividiamo tutti.
"Ogni persona è simile ad alcune altre": alcune preferenze sono dettate da aspetti culturali o psicologici che condividiamo con alcune persone ma che ci differenziano da altre. E in quest'ambito fioriscono i profili, le intelligenze, le personas...
"Ogni persona è diversa da tutte le altre": la nostra storia personale e le nostre esperienze ci rendono unici.
Se negli ultimi decenni il mercato è maturato molto, passando da un'offerta pensata per tutti all'attuale personalizzazione estrema di servizi e prodotti, (compresa la medicina), sul fronte della progettazione degli spazi si è fatto pochissimo sforzo per indagare il nostro rapporto con gli ambienti e i luoghi, i bisogni e le preferenze. Oppure si è dato tanto, troppo per scontato.
Io credo che i processi di progettazione partecipata, insieme alla ricerca, siano la chiave per portare a silenziose rivoluzioni, quando condotte con estrema onestà intellettuale e attente a considerare e rappresentare tutte le categorie di persone, dai presunti "cavernicoli" ai più sottili intellettuali.
Come dice Leslie Lokko, la curatrice della prossima Biennale dell'architettura:
L'architettura non è solo palazzi: ha bisogno di soldi, certo, di risorse, ma ha bisogno anche di ascoltare i desideri e i bisogni culturali. Ho imparato, lavorando in Sudafrica prima e ora in Ghana, che ciò che serve a una comunità a volte è un edificio, a volte un paesaggio, a volte un giardino".
Leslie Lokko su La Repubblica, 1 giugno 2022
Per approfondire:
F. D'Andrea, I tempi dell’evoluzione. Prospettive sul futuro
G. Barbiero e R. Berto, Biophilia as Evolutionary Adaptation: An Onto- and Phylogenetic Framework for Biophilic Design
G. Barbiero, Affective Ecology as development of biophilia hypothesis, 2021 (pdf)
Biophilic design: intervista a Giuseppe Barbiero (video)
Sito internet del Laboratorio di Ecologia affettiva
Paleoantropologia e preistoria (ripassino online)
F. Pazzaglia, L. Tizi, Che cos'è il restorative design, 2022
* Queste considerazioni fanno tesoro delle più datate (ma sempre valide) teorie dell'habitat di Orians, dalla prospettiva-rifugio di Appleton e della preferenza ambientale di Kaplan e Kaplan, molto interessanti anche da mettere alla prova nella progettazione di spazi verdi... ci tornerò sopra!